dipende!
La regola recita: "la becca dev'essere sempre rivolta al pendio,
quindi in salita becca avanti, in discesa becca indietro".
A mio parere, però, solo in caso di progressione diretta
la regola è applicabile senza considerazioni supplementari.
Quando si procede fianco al pendio, sia in salita che in discesa,
la mia personale esperienza nonchédiversi esperimenti fatti
con gli allievi e gli amici mi hanno suggerito alcune osservazioni
e portato ad assumere un atteggiamento non così assolutistico.
La posizione della becca dev'essere tale da consentire una manovra
di autoarresto il più rapida possibile.
Ma qual'è la manovra di autoarresto
opportuna?
Può bastare appoggiare la becca sul
pendio o devo ricorrere alla vera e propria manovra di autoarresto?
Beh, dipende dall'inclinazione del pendio, dalla sua copertura
(neve molle, neve dura o ghiaccio), dalla pericolosità del
pendio (dislivello e distanza prima del piano, presenza di crepacci
o rocce scoperte, eccetera) dall'esperienza della persona, dall'essere
o meno legati, dalla causa della caduta (inciampo o scivolata).
Allora come la tengo sta benedetta piccozza
nella progressione diagonale?
Quando procedo slegato qualsiasi sia il pendio e il tipo di
copertura preferisco non pensare nemmeno alla possibilità
di un
immediato arresto semplicemente appoggiando la becca sul pendio,
ma mi tengo pronto per la manovra di autoarresto (quella che
prevede di impugnare la picca con ambedue le mani, girarsi e
premerla con il corpo tanto per intenderci), quindi becca
all'indietro sia in salita che in discesa, in tal modo portando
alla mano libera il manico della picca, la becca viene a trovarsi
rivolta verso il pendio, pronta per l'autoarresto.
Quando procedo legato su ghiaccio o neve gelata, in salita becca
avanti, in discesa becca indietro. In questa situazione, infatti,
la corda potrebbe rendermi difficile se non impossibile praticare
l'autoarresto, è quindi più importante che ogni membro
della
cordata abbia la picca nella condizione migliore per essere
piantata nel terreno e trattenere il colpo a fine scivolata, chi
cade non deve far nulla confidando nei compagni. La corda
ovviamente dev'essere tenuta distesa e la distanza tra le persone
opportunamente mediata in modo che ci sia il tempo di reagire ma
senza consentire un sensibile incremento di velocità, quindi
rientrano in gioco i fattori di pericolosità e inclinazione
del
pendio.
Procedendo legati su neve molle o compatta la picca verrà
piantata verticalmente, quindi la posizione della becca è
ininfluente.
La paletta?
Salvo che in presenza di neve molle, dove peraltro già lo
zaino o il peso del corpo provocano l'arresto dopo pochi metri di
scivolata, risulta inutile per l'autoarresto:
- difficile da far penetrare nella neve dura, impossibile in quella
ghiacciata e nel ghiaccio,
- anche ammesso di riuscire a farla penetrare nel terreno, la forte
resistenza provoca un arresto improvviso della picca, la persona
prosegue nella scivolata e riceve un forte colpo sugli arti con
probabile perdita della presa, e non sperate nella dragonne, può
sfilarsi, e comunque il colpo da questa provocato, a parte l'eventuale
lussazione della spalla, sfila la paletta, non più pressata
dal nostro corpo, dal terreno.
L'arresto dev'essere dolce e la frenata continua.
Emanuele Cinelli
3 luglio 2002
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