Quirino
Bezzi
Quand'io morirò
Quand'io morirò
non seppellitemi nel grande cimitero
della città dall'anonimo volto,
fra gente sconosciuta:
quando morrò riportatemi
fra i miei monti nativi,
ai piedi dei ghiacciai scintillanti,
all'ombra degli abeti,
fra la libera gente
delle mie montagne.
Non m'inchiodate
in una bara pregiata:
alle mie ossa bastan quattr'assi di larice
ed una croce fatta di piccozze e ramponi:
risaliro' con essi la montagna di Dio
che' salire e' pregare e pregare e' salire.
O, se volete, sotto
una magica volta di stelle
bruciate su rami di resine odorose
le mie spoglie mortali
in vista delle vette,
e sulla piu' alta di esse
date le mie ceneri ai venti
delle natie convalli:
mi sembrera' rivivere con loro
e la grande natura
l'eterno vicendarsi delle stagioni.
Quando morrò mettetemi fra mano
il Vangelo di Cristo
e i Doveri dell'Uomo, del Maestro
di libertà dei popoli:
con essi meno duro
mi parrà il lungo sonno della tomba.
E non corone di fiori,
e non false parole;
I fiori li darà la primavera
e le parole le dirà nel cuore
chi di me serberà ricordo ancora.
Quando io mi spegnerò
non seppellitemi nel grande cimitero
della città senza volto:
portatemi ancora fra i monti:
all'ombra di un'umile croce,
nel luogo dove dormono i padri,
mi sembrerà di rivivere
i sogni belli della vita mia.
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