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Mario
Rigoni Stern
Temporale di primavera
Come ogni mattina
la squadra dei boscaioli era partita prima di giorno; il paese dormiva
e solo quando giunsero in alto, lungo la costa del monte, sentirono suonare
le campane dell'alba.
Deposti i sacchi incominciarono il lavoro.
Ogni abete da tagliare era segnato al piede da un numero impresso dal
martello della Forestale: secondo il piano economico del Comune in quella
particella di bosco, e per quell'anno, si potevano ricavare trecento metri
cubi di legname e, ovviamente, erano state scelte le piante mature che
già avevano compiuto il loro ciclo di sviluppo.
La sega a motore rompeva il silenzio del
bosco e quando si fermava, dopo due colpi dati con il dorso della scure
sul cuneo infisso nel taglio, sentivi il fracasso della ramaglia dell'abete
che schiantava. Così per ore; fino a mezza mattina quando c'era
la sosta per la merenda.
In quella pausa si sentivano ritornare i
soliti rumori del bosco: la famiglia delle cince, gli scoiattoli che giocavano
sui rami, il ronzio degli insetti, il richiamo dei caprioli.
Da certi segni si può anche determinare
l'ora del giorno, e il tempo. Per questo, quando sentirono il caprimulgo
cantare fuori orario uno disse: - Il lattacapre chiama l'acqua. Oggi verrà
il temporale.
Ripresero il lavoro con lena e continuarono
fino a mezzogiorno, per il riposo piu lungo. In uno spiazzo accesero il
fuoco e quando le pietre attorno furono arroventate ci misero sopra ad
abbrustolire grosse fette di polenta; sui rami a forcella arrostirono
la sopressa e il formaggio, e, intanto, nelle gavette affumicate si riscaldava
il minestrone.
A mangiare si ritirarono nell'ombra, dentro
il bosco; e restava ancora nell'aria l'odore della polenta misto a quello
del salame e della resina trasudata dagli abeti scortecciati e tagliati
a tronchi di quattro metri. Dopo, con le schiene appoggiate ai tronchi,
fumarono in silenzio, chi pipa chi sigaretta di trinciato, e due, i più
giovani, si addormentarono con la testa sulla giacca piegata a cuscino
e il corpo su una bracciata di rami.
Poco lontano si udiva lo scalpicciare di
un capriolo e, da oltre la valle, il brontolare del tempo: -Viene
il temporale, - disse uno dei due che fumava guardando il cielo, - e se
non svampisce per strada, in una mezz'ora è qui.
Ascoltavano il capriolo, il temporale lontano,
il respiro dei compagni che dormivano; improvvise caddero delle gocce
che c'era ancora il sole e un tuono secco svegliò i due che dormivano:
- Ve lo dicevo che il lattacapre non canta di giorno! ...qui ci conviene
cercare un albero fitto che tenga fuori l'acqua.
Si guardarono attorno e decisero per un
abete non grosso ma con i rami fitti e sottili e che non attirava le saette
- i fulmini, sempre, colpiscono gli abeti bianchi o i larici. Se l'acqua
non fosse venuta d'impeto, li sotto potevano stare all'asciutto per almeno
un'ora. Raccolsero i ferri e si acquattarono.
L'acqua scrosciava tra i rami e lampi e
tuoni rompevano il cielo; moscerini quasi invisibili entravano nella pelle
sudata e salata dei quattro come pungiglioni di vespe, ma più acuti
ancora.
- Sarebbe meglio coprire la motosega, sennò
faticheremo a farla ripartire. L'ultima pianta che ha scortecciato Nardi
mi sembra abbia dei bei pezzi di scorza, - disse il più anziano
dei quattro.
- Ci vado io a prenderla, quella scorza,
- rispose il più giovane. E corse fuori nel diluvio con la giacca
tirata sopra la testa.
Raggiunse l'abete che sotto l'acqua si lavava
tutto nudo, raccolse in fretta due larghi pezzi di corteccia e fece per
ritornare dai compagni che lo seguirono con lo sguardo. Ma a mezza strada
lo videro fermarsi dentro una slargo di felci che si piegavano sotto la
pioggia e poi riprendere la corsa gridando qualcosa che non riuscivano
a capire per il frastuono dell'acqua e dei tuoni.
Quando arrivò posò le cortecce
sopra la motosega e senza cercare riparo per sé gridò verso
i compagni : che ora lo potevano sentire:
-Venite! Venite a vedere: li in quello spiazzo
c'è un capriolo appena nato. Venite ad aiutarmi!
Uscirono nel temporale anche gli altri tre
e lo seguirono di corsa. Quando giunsero nella radura videro tra le felci
l'animaletto quasi senza vita, battuto dall'acqua che gli faceva colare
sopra fili d'erba, aghi d'abete e petali rossi di fiori: aveva gli occhi
spalancati e certo non si rendeva conto che il mondo dove era venuto alla
luce da pochi minuti non era fatto solamente di temporali.
Un boscaiolo si chinò a raccoglierlo
e portarlo all'asciutto, ma quello che l'aveva scorto per primo lo fermò:
- Non toccarlo! - gli urlò tra lo scroscio, - sente il tuo odore
la madre lo abbandona. Non lo riconosce più!
Incominciò a grandinare e i grani
battevano giù dagli alberi strobili e rametti; il boscaiolo cacciatore
si levò la giacca e la tenne stesa sopra il capriolo: - Andate
a prendere delle scorze e dei rami, - disse ai compagni, - dobbiamo fargli
un ricovero sennò la tempesta lo ammazza.
- Ma dove sarà andata la madre? E
come ha pensato di partorirlo qui vicino a noi? - chiese uno.
- Avrà cercato aiuto. Gli animali
capiscono certe cose... Adesso sarà spaventata dalle saette e magari
è poco lontana, - riprese il più anziano dei quattro.
Ormai erano bagnati fin dentro le scarpe
e fin sotto la maglia di lana; con lena pulirono e spuntarono quattro
grossi rami; con la testa della scure li ficcarono nel terreno attorno
al capriolo e poi con attenzione e a regola d'arte, in modo che non gocciolassero
sotto, posarono le cortecce a fare tetto. La piccola bestiola lasciava
fare, solo sentiva che ora l'acqua e la grandine non la battevano più:
quei lampi improvvisi seguiti dal gran fragore del tuono che rimbombava
nel bosco, ecco, lo spaventavano un po'.
I quattro si
ritirarono dove avevano lasciato gli attrezzi da lavoro. Ormai era uguale
stare sotto gli alberi che fuori, tanto si erano inzuppati: si misero
in piedi con la schiena contro un grosso tronco; ma anche il tabacco e
i fiammiferi si erano inumiditi dentro le scatole di latta e faticarono
ad accendere. Non parlavano, guardavano il bosco fra l'acqua come un fondo
marino e ascoltavano il temporale. Dopo un bel poco uno disse: - Mah...-
E dopo un silenzio ancora più lungo: - Mah. Non capisco. E tu sei
anche cacciatore.
- Si sente, non si capisce, - rispose il
cacciatore. Continuarono a fumare: -E magari tra quattro anni lo ritrovi
con il tuo cane e ci spari, -disse un altro. - Mah. È la vita.
Continuava a piovere e a tuonare, fumavano
in silenzio e tutti quattro pensavano al piccolo capriolo sotto il riparo
che avevano fatto: -Chissà se la madre lo ritroverà; e se
vivrà dopo un parto tra questa intemperia, - disse uno come a conclusione
di un pensiero.
- Sono forti, loro, sono madri... - lo tranquillizzò
il più anziano.
Ora le saette erano cessate ma continuava
a piovere; il temporale si era spostato verso l'altra valle ma non si
vedevano sprazzi di azzurro: -Qui, ormai, ci conviene raccogliere su e
andare a casa. Bagnati siamo bagnati e riprendere il lavoro non conviene.
Cosa dite?
- Aspettiamo ancora dieci minuti, la pioggia
va calando.
Con gli zaini in spalla si avviarono verso
il sentiero, ma prima si avvicinarono cauti al ricovero del capriolo.
Il cacciatore alzò con precauzione una falda di corteccia e guardò
sotto: il caprioletto era tutto rannicchiato, tremava per il freddo ma
sembrava tranquillo; anzi, stava asciugandosi perché il pelo fumava:
- Forse ce la farà, - disse ai compagni, - ma bisognerebbe che
la madre lo ritrovasse.
Quando arrivarono in paese smise di piovere
e lontano, verso il lago da dove il temporale era venuto, apparve una
striscia di azzurro: - Ci vediamo dopo cena all'osteria, - disse uno,
- adesso andiamo ad asciugarci.
In un angolo la televisione trasmetteva un telefilm
che nessuno guardava; i quattro si giocavano un litro a scopa. Venne dentro
il guardacaccia, salutò e dopo, senza parlare, si avvicinò
ai quattro delle carte. Dopo la giocata disse: - Ho sentito che avete
trovato un capriolo appena nato. Come è stata?
Gli raccontarono come e dopo lui ordinò
un altro mezzo litro: - Domani mattina, - disse il guardacaccia, - verrei
anch'io con voi a vedere. A che ora partite? E se la vecchia lo ha abbandonato
ed è ancora vivo lo porterò giù, qui a casa mia.
Non è il primo che allevo con il ciuccetto e latte di capra...
La mattina venne limpidissima che potevi
contare gli alberi sulle creste dei monti lontani. Il guardacaccia salì
con i quattro boscaioli e quando giunsero nei pressi dell’abbattuta
andarono insieme al ricovero del capriolo. Con attenzione levarono le
cortecce messe a tetto sopra i rami, ma sotto, il capriolo non c'era più.
- Sarà venuta la madre a prenderselo.
- disse il cacciatore - Senti, il covo è ancora tiepido - aggiunse
tastando con una mano le felci schiacciate.
Stettero un poco in silenzio, e a monte,
sulla costa del bosco, sentirono un breve scalpiccio e frusciare di rami.
Poi belare.
- Sono loro, - disse il guardacaccia. -
È venuta a prenderselo: ce l'hanno fatta.
Mario Rigoni Stern, Uomini,
boschi e api; Einaudi Tascabili, 1998
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