Pale di San Martino
Mavaffarangola trekk tappa n.2
dal rifugio Mulaz al Rifugio Pedrotti alla Rosetta
- Sentiero delle Farangole
(ottava tappa dell'Alta Via n.2)
Tempo di percorrenza | ore 5 di cammino effettivo. |
Distanza | km 8 dichiarati |
Dislivello in salita | m. 750 circa |
Dislivello in discesa | m. 740 circa |
Altezza massima raggiunta | 2.939, passo delle Farangole, il punto piu' elevato dell'alta via n.2 |
Difficoltà | EE - EEA [scala delle difficoltà escursionistiche] |
Punto di partenza | Rifugio Volpi al Mulaz - CAI Sezione di Venezia. Posti letto: 52 + 12 locale invernale. Vero rifugio di montagna, spartano ma pulito ed accogliente. |
Punto di arrivo | Rifugio Pedrotti alla Rosetta - SAT sezione di Trento. Posti letto: 70 + 10 (in altro sito dicono 110, comunque grande e bene attrezzato) |
Cartina usata | Tabacco, Pale di San Martino, foglio 022, 1:25.000 |
Sentieri | n.703 |
Orientamento | Buono, segnali ovunque. Attenzione alla nebbia, inquilina abituale delle Pale sulle quali senza visibilità è facile perdersi. I punti di riferimento sono molto scarsi sull'altipiano |
Acqua lungo il percorso | No |
Numeri di telefono utili | Rifugio
Volpi al Mulaz: 0437-599420 |
Accessi | Dal Passo Valles o dalla Val Venegia (passo Rolle) si raggiunge il rifugio Volpi al Mulaz dove conviene pernottare. |
Note conclusive per chi non volesse sorbirsi tutto il pippone | Senza zaino pesante,
con tempo bello, senza umidità, se non si soffre l'esposizione,
con un po' di esperienza è uno splendido percorso non difficilissimo
né troppo faticoso. Ricordandosi che il passo è a quasi
3.000 metri, un temporale notturno può ghiacciare il percorso rendendolo
piuttosoto infido. Scesi dal passo resta un lungo tratto a saliscendi
su sentiero stretto, molto più lungo di quel che pare sulla cartina,
scivoloso ed esposto, solo alcuni tratti del quale sono protetti. Attenzione
alla caduta di sassi, massi, ordigni di vario genere e dimensione e smottamenti
del ghiaione. |
Passo delle Farangole visto dalla Forcella
Margherita.
Come diavolo sia il passo delle Farangole non è dato saperlo. Quando chiediamo informazioni a Bed, al suo solito risponde "ma cosa vuoi che siaaaaa"; sulla cartina è segnato come sentiero attrezzato, solo dal lato nord. Pare piuttosto ripido, siamo noi due sole, non proprio sprovvedute ma nemmeno ste grandi esperte di ferrate e compagnia bella, avremo zaini pesantissimi. Comunque, se vogliamo fare questo benedetto trekking nelle Pale, ce tocca. Cercando informazioni in rete ne sappiamo meno di prima. Una relazione non si trova, si passa da "esposto ma ben attrezzato con corde fisse" a "Niente male avere una corda per assicurare i meno abili o impreparati; utili i mezzi ramponi, e una piccozza non farebbe ridere". Da "Con un po' di attenzione si puo' fare a meno dell'attrezzatura da ferrata" a "estremamente impegnativo: la ripidissima, impressionante, discesa sul canalone della Valgrande (spesso ghiacciato), lunghi tratti esposti". Da "EE" a "EEA". Quanto EE? Quanto EEA? OK, per Hans Kammerlander è facile, ma per noi? La sera prima di partire incontro Bed sulle scale: "non sarai mica preoccupata per le Farangole? Vergogna, è banalissimo, lo fanno anche scout e scolaresche senza imbrago". Le suore in sandalini e tonaca no? Insomma per sapere com'è non ci resta che andare a vedere. E per non sapere né leggere né scrivere decidiamo di mettere l'imbrago nello zaino, raggiungendo i 12 kg a testa sul groppone, acqua compresa. E non so davvero cosa potrei lasciare a casa (il libro, mi si suggerisce da dietro le quinte :-D).
Arriviamo al rifugio Mulaz da passo Valles, incontrando qualche tratto attrezzato davvero facile, un paio inutili, uno che serve solo per inciamparsi nel cavo, uno divertente sul quale vediamo una tremebonda turista bolognese che geme "mai più in vita mia, mai più!". Nessuna delle due proferisce verbo ma in cuor nostro speriamo di non ripetere noi, domani, la stessa scena. Eccolo lì il sentiero che porta a forcella Margherita e alle Farangole, pare bello ripidino e franoso già dalla partenza. Facciamo le disinvolte, entrambe convinte che l'altra sia tranquillissima, entrambe con un gatto vivo nello stomaco. La sera scambiamo quattro chiacchiere con un simpatico babbo proveniente dal Rosetta per le Farangole con i due ragazzini di circa 5 e 7 anni. E che cavolo, l'hanno fatto loro lo faremo bene anche noi, no? Mi tengo per me il pensiero che il tizio sia un tantino sconsiderato: se gli fosse capitato qualcosa? Se il sasso che, come ci racconta, gli ha sfiorato la testa l'avesse invece centrato, cosa sarebbe successo ai due piccoli da soli in un'emergenza del genere? Sarebbe mica meglio essere in due adulti? Sasso? Sfiorato la testa? GULP. Trangugiamo il grappino in tutta fretta, alle 22 al rifugio chiudono la porta e spengono le luci e non vorremmo dormire all'esterno vista Farangole in compagnia dei 2 stambecchi. Siamo in tutto 7 ospiti: noi due, il babbo con i 2 piccoli e una coppia teutonica serissima che sfoglia per tutta la sera la guida dell'alta Via e prende appunti. Paiono tosti, i due. Ci siamo incontrati e superati a vicenda alcune volte nel pomeriggio, alla fine si sono volatilizzati e arrivati a destinazione molto prima di noi cazzeggiatrici professioniste. Notte agitata, caldo, freddo, caldo, sete, chissà dove ho ficcato la bottiglia, se scendo dalla cuccetta sveglio tutto il rifugio, questo piumone pesa una tonnellata. Finalmente suona la sveglia. Presto, colazione, lavaggio rapido del muso, zaino, di soppiatto entrambe spostiamo l'imbrago sopra. Pronte? Pronte. O no? Fuori si stanno preparando anche i due tedeschi. Trovo tutti i modi per tirare per le lunghe. Guardatina alla forcella Margherita, ricontrollata allo zaino, acqua, racchette... signor che mezze seghe! Partiamo per prime, che se siamo nel guano abbiamo i due tedeschi dietro ad aiutarci? Nanotte, andati! Molto velocemente, seguendo sentiero n.703 che sale a zig zag alle spalle del Mulaz, arriviamo all'ultimo ripido canalino che sfocia sulla forcella. Ripido e maledettamente instabile e franoso. Ad ogni movimento si stacca qualcosa e rotola giù per il ghiaione; fatico a raggiungere la parete per trovare l'appiglio; Valeria, più in alto, mi avvisa che quel magnifico masso alla mia portata, dimensione armadio 4 stagioni, porta scritto in rosso: PERICOLO! PERICOLANTE! Altro che aggrapparmi, meglio portar via le chiappe da qui velocemente. Mi allungo per quanto mi permette la mia statura formato gnomo, abbranco il cavo che mi aiuta a uscire dall'ultimo salto roccioso e maledicendo il peso dello zaino, con un ultimo moccolo a tutto volume e una ravanata finale, raggiungo forcella Margherita (m.2655, cresta finale dei Cima Focobon). "Fantastico, cominciamo bene!" mi fa Valeria un tantino turbata. Banale sticazzi, ma vaffarangola, Bed! Sedute sulla cresta guardiamo l'anfiteatro davanti a noi, con bene evidente il passo delle Farangole fra il Campanile di Focobon e la Torre Quattro Dita. Il sentiero corre semipiano ma esposto rasentando le pareti di Punta Chiggiato poi si impenna sotto i bastioni del Campanile, dove, al vertice inferiore del triangolo roccioso, dovrebbe iniziare il tratto attrezzato. Là sotto, parecchio più sotto, si vedono la Val Venegia e baita Segantini. Ce ne stiamo per almeno mezz'ora, binocolo alla mano, a seguire gli escursionisti davanti a noi per vedere come se la sbrigano, dove inizia il cavo, da dove si sale, a guardare i due tedeschi che salgono con qualche esitazione. Quando non c'è più nessuno da vedere e ci rendiamo conto che a star lì come mummie la situazione non migliora e che far notte alla forcella non sarebbe molto dignitoso, visto che nessuna delle due vuol essere quella che rinuncia ci imbraghiamo, che all'inizio del cavo c'e' poco spazio di manovra, tiriamo un sospirone e partiamo.
Circa a metà del ghiaione una ragazza che è appena scesa ci avvisa di fare attenzione: il secondo scalino della scala non è fissato bene, è mobile e instabile. Evvai! Il sentierino è stretto ma non pende verso l'esterno e tutto sommato, se non si patisce l'esposizione, tranquillo. Gli ultimi metri più ripidi sono assicurati con uno spezzone di cavo. Quando alzo gli occhi Valeria sta già moschettonando allegramente e sale come una scimmia. I primi metri sono subito superati, poi i segnali rossi girano a sinistra ed ecco gli scalini di metallo piantati nella roccia. Ma hanno pensato agli gnomi? Già arrivare al primo è un'impresa, come stracavolo faccio a non usare il secondo, che traballa vistosamente? Il cavo al quale sono assicurata è scomodo e troppo lontano per aggrapparmi e tirami su fino al terzo a braccia, la roccia è bella liscia e non presenta appigli abbastanza grandi per una schiappa come me. Sgratt sgratt. Mi allungo il più possibile, moschettono al terzo gradino al quale mi afferro a pelo. I cordini del mio imbrago sono belli tesi, se lo scalino fetente cede alla peggio mi trovo spalmata sulla parete, cadere non cado di nemmeno un centimetro. Ci piazzo su un piede e mi tiro su. Pfiuuu, il bastardo tremola ma tiene benissimo. Mi volto indietro e guardo la val Venegia laggiu'. Banale eh? per uno alto 1,93 e senza 12 chili di zaino sulla groppa, probabilmente. Ma vaffarangola, Bed! |