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Sassolungo - Val Duron (TN) o della Scarpibike pag.2

Ancora pochi minuti ed ecco una magnifica prateria piena di fiori, sulla destra il Sella e il Pordoi, di fronte il Sassolungo, sullo sfondo la Marmolada e il Gran Vernel. E' stato detto già tutto sulla bellezza di questi posti e ogni parola in più rischia di essere retorica e banale. Mi fermo col naso in aria, scatto millanta fotografie e intavolo una chiacchierata in 3 lingue diverse con una famigliola di Grenoble, con la quale ci siamo incontrati, raggiunti, superati e salutati almeno 10 volte nella mattinata.


Il Sella...

...e il Pordoi

Sassolungo

Marmolada
 
Il Sassolungo e la sterrata  
 
Sassolungo dalla forcella Rodella  
 
Il Piz Boè  
La salita non è però ancora finita: quando mi decido a smettere di cazzeggiare e di fotografare anche le zampe delle formiche per prender tempo e a rimontare in sella, il dolce pianoro si trasforma in una erta stradicciola sconnessa, sassosa, dilavata dalla pioggia, che porta dritta dritta sotto le pareti del Sassolungo. Non so quali fotografie pubblicare in queste pagine: scegliere è difficile, ad ogni svolta del sentiero uno spettacolo diverso.
Dopo 8 chilometri e mezzo e 770 metri di dislivello eccoci al rifugio Valentini (2218 m s.l.m.), pausa pranzo. Costruito a poche centinaia di metri dal passo Sella in direzione del col Rodella nel 1884, è gestito dalla stessa famiglia da generazioni. Oggi niente canederli, spätzle discreti, birra.
Il grosso della salita dovrebbe essere alle spalle: raggiunta la forcella Rodella, circa 100 m. più su, dovrebbe essere una passeggiata. Il condizionale è d'obbligo, non abbiamo la minima idea di come sia percorrere il sentiero fino al rifugio Sasso Piatto in bici. A piedi lo ricordo come comodo e facile, ma in bici?
Con una corta ma ripida strada che parte davanti alla porta del rifugio si rggiunge forcella Rodella (m.2318 s.l.m. km 9,30, 870 mt di dislivello), che è lì a portata di vista. Il panorama si estende a est verso il Catinaccio di Antermoia, il Denti di Terra Rossa (traduzione infame del buon Tolomei del toponimo Rosszähne, Denti di Cavallo), a ovest verso la val Badia e le Odle. Il Sassolungo e il Sella li possiamo quasi toccare.
Purtroppo in ogni angolo pullulano piloni di sciovie e cabinovie, orribili fabbricati di telecabine, tralicci e antenne varie, rifugi e rifugetti sparsi. Per fortuna le Dolomiti saranno ancora qui quando di tutto ciò non rimarrà più traccia.
Dalla forcella si vede la prima parte del sentiero "Friedrich August" (n.594) che ci aspetta: piuttosto stretto, in leggera discesa, senza sassi, pare pedalabile, merenderi in scarpe da tennis a parte.
Metto l'odiato casco e mi avvio in direzione del rifugio Pertini. Il primo mezzo chilometro va discretamente, sebbene il sentiero sia piuttosto stretto. Poi iniziano gli incroci con i pedoni, ogni 50 metri bisogna fermarsi, far passare un gregge di escursionisti, tedeschi o romani, rispondere alle domande più stravaganti, tipo quanto pesa la bici, risalire in sella, pedalare altri 50 metri e ricominciare con la manfrina. Ci sono anche diversi ciclisti che fanno il giro del Sassolungo in senso inverso. Il fondo, tra l'altro, peggiora rapidamente e diventa sassoso e cosparso di buche assortite. In qualche tratto, in discesa per il momento, ci sono da superare gradinate di tronchi. Con diversi su e giù, a km 11,70 dalla partenza, 940 m. di dislivello) si raggiunge il nuovo Rifugio Pertini: un nutrito gruppo di cornacchie svolazza a mezzo metro dai panini degli escursionisti. Non si sosta: manca ancora parecchia strada.
Man mano che si procede cala un po' la gente ma il sentiero si fa più ostico: sassi, scale di legno per superare pezzi molto ripidi, parti di sentiero franato, cancelli antivacca. A piedi è un gioco da ragazzi, con la mtb appresso subentra il dilemma: sto esterna e volo di sotto io, o sto interna e lascio volare sul ghiaione la bici? Gli escursionisti che incontriamo si fanno man mano più basiti: "un modo più faticoso non c'era?" "keine Fragen, bitte!(niente domande per favore)" apostrofo un gruppo di tedeschi che mi guardano sorpresi e che scoppiano in una risata. A volte la mtb non è il mezzo più efficiente per spostarsi, ammettiamo.
Dopo numerosi saliscendi a 2362 m. (sulla cartina Tabacco) si scollina verso la malga del Sasso Piatto, si vede il resto del sentiero e il rifugio. Spunta all'orizzonte lo Sciliar. In pochi minuti, dopo una discesa, un passaggio complicato su sentiero franato e una salita (ma va'? ;) la discesina finale che porta al Giogo di Fassa (2300 m. 14 km, 1050 m. di dislivello) e al rifugio Sasso Piatto.

Scala di tronchi

Birretta rapida, comincia a far tardi e non sappiamo come sia il resto del percorso che ci porterà alla val Duron. Non pare lunghissimo ma se il rapporto pedalata/spinta resta quello dell'ultimo tratto di sentiero conviene darsi una bella mossa. Tra l'altro c'e' vento, star seduti fuori non è gradevole e dentro ti guardano storto: stanno pulendo per terra, le sedie sono sui tavoli, l'accoglienza non è delle più calorose.

Giogaia di Fassa con i Rosszähne. Si intravvede il rifugio Sasso Piatto e il sentiero (quello sopra, non la strada che porta alla malga)
 
Lo Sciliar dalla Giogaia di Fassa

 

 
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